La ripartenza della scuola, per questo 2020, vede i genitori fare i conti, oltre che con zaini, diari, astucci e materiale da cartoleria, anche con documenti, burocrazie, strumenti di cui dotare i figli per contenere il rischio legato al contagio da covid-19.
Si etichetta il materiale, si disinfetta, si compilano moduli, si cercano mascherine chirurgiche per bambini quando, giusto un anno fa, il problema era accaparrarsi l’astuccio della squadra del cuore o della principessa del momento.
Si comprano i grembiulini, ricordandoci di non esagerare con le quantità, dubbiosi che questa scuola in presenza possa davvero attraversare tutte le stagioni senza subire nuovi arresti.
Le insegnanti e i dirigenti scolastici attaccano cartelli per regolare gli ingressi, cercando di dare ordine alla confusione; si formano per trovare un nuovo modo di fare scuola, per essere faro in questo mare scuro e mai percorso prima.
Siamo impauriti. Ci dispiace non poter trasmettere ai bambini la certezza che questo incontro con la scuola sarà solo una gran bella avventura.
Leggendo i protocolli ci muore il sorriso sulle labbra quando interpretiamo, tra le parole tecniche dei documenti formali, che la scatola degli oggetti smarriti sulla cattedra non sarà più il porto sicuro per il bambino smemorato, che non si potrà condividere con l’amico del cuore quei pennarelli dai colori accesi finalmente trovati.
Parole come scambio e condivisione dovranno essere riviste e corrette.
Non ci saranno morsi dati ai panini altrui, manine che affondano nel sacchetto di patatine del compagno di banco, baci e carezze nei giorni “no”.
Niente scambi di fazzoletti profumati, simbolo di amicizia sancita più che raccoglitori di malanni stagionali.
Ci saranno invece stanze covid, dove i bimbi ci attenderanno in caso di sintomi compatibili con il virus.
E, inutile girarci intorno, a volte sentiamo paura, sorridiamo per finta mentre prepariamo l’occorrente per la scuola perché, forse, se i nostri figli non ci guardassero, avremmo invece voglia di piangere.
Oltre alla paura, sentiamo anche rabbia. Rabbia per certe cose che pensavamo potessero essere state gestite meglio o diversamente, per questi figli lasciati per ultimi nella lista “delle cose da aggiustare” dopo il lockdown.
E che possiamo fare di tutto questo groviglio di cose che ci attraversano?
Se possiamo, facciamo diventare la rabbia energia e la paura prudenza.
Con l’energia possiamo, per esempio, trovare la forza di proporre progetti ed idee per migliorare ciò che pensiamo debba essere concepito in modo più efficace. Sì perché, in momenti di emergenza, c’è bisogno di alleggerirsi delle zavorre per sviluppare idee positive che ci portino in acque migliori.
Con l’energia, poi, si possono trovare altri modi e strategie per condividere.
Così ci metteremo magari a scrivere una ricetta di quella torta tanto buona che non ho potuto far assaggiare al mio amico, trovando altri canali di contatto.
Se non ti posso abbracciare, posso però imparare a dirti che ti voglio bene, che sei l’amico più caro che ho.
Ecco che le emozioni possono essere anche “parlate”, quando non riescono ad essere vissute.
I bambini sapranno che, prima di arrendersi, ci sono tante strade da percorrere.
E se non posso raggiungere l’altro toccandolo, avrò altri sensi, modi, sentieri per accarezzare il suo cuore.
La paura, invece, è un ingrediente indispensabile se diventa una domanda: cosa posso fare io per mettermi al sicuro? Cosa è in mio potere e cosa, invece, devo provare a lasciar andare, accettando la parte di rischio che il vivere comporta?
Trasformiamo i “non toccare”, “non fare quello, attento ti ammali”, in “sii prudente”, in domande che suonano come un invito consapevole a mettere, per quanto possibile, la propria persona in sicurezza.
Non sono dell’idea di far diventare tutto un gioco o una favola: ogni gesto, ogni richiesta quotidiana, ogni compito da assolvere, ogni boccone amaro da buttare giù.
Lo trovo stancante per l’adulto e svilente per l’intelligenza emotiva dei piccoli.
Sono invece per la verità a misura di bambino, senza terrorizzare su ciò che sta accadendo ma neppure senza bugie che aprono la porta a fantasie spesso più catastrofiche di quelli che sono i fatti.
Se saremo sufficientemente chiari, pazienti nell’accettare di affrontare un passo alla volta, propositivi e fattivi quando serve, fiduciosi di poter fare della rabbia e della paura ingredienti preziosi nelle nostre mani, troveremo certamente la via per percorrere anche questa strada che, seppure non si presenti come ce la immaginavamo, è sicuramente l’unica al momento percorribile.
Giulia Lotti,
Psicologa-PsicoterapeutaRi-partenza: le emozioni